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Del dolore e dell’allegria, della distruzione e della rinascita: una sera con Nico e Abdo.


Mi stavo grattando le caviglie quando avvertii una voce alla mia destra: “Mi scusi se intervengo ma volevo avvisarla che i proprietari sono attrezzati per le zanzare e rendono disponibili i repellenti migliori”. Alzai lo sguardo e sotto la luce di una luna di inizio luglio prossima a diventare piena scorsi il volto di una signora che poteva avere l’età di mia madre che mi fissava con uno sguardo gentile. Lei siedeva accando a me sulle sedute in ferro del cinema all’aperto attendendo l’inizio dello spettacolo. “Sa sono anni che vengo sempre qui all’Arena Riciclotteri e conosco perfettamente il posto e i proprietari. Lei lo sa che il questo cinema all’aperto è gestito dal figlio di Nico Cirasola; il regista?”. Avevo conosciuto Nico, la moglie e la cognata anni prima durante un evento in treno che avevo organizzato per parlare di sostenibilità e di strategie per riscattare i territori rurali quando l’Unione Europea non aveva ancora legiferato sul Green Deal e era lontana dal muovere passi indietro sulla difesa dell’ambiente. Con Nico avevamo ipotizzato di fare un cinerma all’aperto in campagna proiettando “L’odore della pioggia”. Ma risposi: “Davvero?” e mentre la signora mi raccontava che da qualche anno lei è il marito si erano trasferiti al quartiere Madonnella sali’ sul palco il musicista. L’uomo aveva una folta barba corvina, indossava un paio di pantaloni alla turca di colore scuro, una camicia chiara con maniche rimboccate fino ai gomiti, e su capo una kefiah che copriva i capelli e che sembrava appoggiata sopra le sue folte sopracciglia.
Mi alzai per prendere le sgagliozze che avevo ordinato all’ingresso e mentre attendevo che mi consegnassero la frittura, le voci del pubblico scemarono e l’uomo con calma prese il tambur curdo, uno strumento a corde in legno di gelso con la cassa a forma di mezza pera, e incomincio’ a suonare.
Appoggiai il vassoio su un tavolino e feci attenzione alla melodia proveniente dal palco che narrava la storia di persone che abitano luoghi lontani, Aleppo e Efrain, di uomini, donne e bambini martirizzati dalla guerra civile e dagli interessi economici di molti.
La musica è come la poesia trasfigura i sentimenti ed è in grado di farti ascoltare le voci squillanti dei bambini e i suoni cupi della devasatazionie e della disperazione. La musica e la poesia ti fanno pensare anche se non lo desideri.
Del musicista Ashti Abdo non sapevo nulla. Tutto quello che era necessario conoscere lo ha raccontato lui suonando strumenti della tradizione curda e poi quelli del nostro sud combinando ritmi e voci che raccontano il dolore e l’allegria la distruzione e la rinascita.

Qui di seguito segnalo la registrazione di una performance del musicista polistrumentista Ashti Abdo trovata su YouTube.

https://youtube.com/playlist?list=RDYPVyk4O599Q&playnext=1&si=UVfwABKgC7kfEyS3

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