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Riflessione n.3

Riflessione n.3 (13/9/17)
“… Gli individui che riconoscono, inventano, riorganizzano, ristrutturano l’identità hanno la necessità di fare i conti con l’ombra, con le ombre. L’ombra in una duplice accezione, in un duplice senso, sia un’accezione che rimanda a Platone sia nel senso della psicologia analitica. Per sfoltire, sfrondare, annullare, attenuare le immagini esterne e le retoriche costruite da chi è stato oggetto di sguardo è necessario andare dentro di noi, fare i conti con la nostra ombra, con i nostri lati oscuri, con i nostri tratti oscuri, con i nostri vizi. … Ci sono il cielo, le virtù, la pazienza è l’ospitalità, la pietà, ma agiscono con forza, anche il sottoterra, i rancori, i vizi, gli odi e i litigi. C’è un cielo luminoso, ma anche un infernale spietatezza. … Possiamo essere orgogliosi delle nostre virtù se sappiamo riconoscere e assumerci i vizi, possiamo elogiare e commuoverci per le bellezze, se sappiamo indignarci per le distruzioni che abbiamo compiuto, possiamo gloriarci della nostra accoglienza, se riconosciamo i nostri rifiuti. Dobbiamo scrutarci senza indulgienza. Senza autolesionismi, ma senza semplici assoluzioni. Le responsabilità non sono sempre altrove, sono anche qui, sono anche nostre. Anche in questo senso dobbiamo recuperare la nostra soggettività.” (Vito Teti – quel che resta)

Questi passi del libro di Vito Teti mi spronano a non abbandonare la convinzione che è possibile se non doveroso inventare, riorganizzare, ristrutturare le identità dei nostri luoghi e con loro di noi stessi. Se si supera l’iniziale ritosia a parlare di questi argomenti, si puo’ scoprire che il desiderio di reinventare il proprio luogo è presente in ogni individuo sia per chi abita a Varese come per chi abita ad Irsina. Soprattutto in questi tempi, di fronte alle incertezze e ai cambiamenti del nuovo mondo, tutti si sentono inermi, sperduti, incerti nell’agire e incapaci di affrontare un futuro indecifrabile. Pertanto, oggi, se si fa riferimento ad un vecchio stereotipo che ha rappresentato le persone del sud, possiamo sostenere che siamo tutti un’po’ più meridionali. In questi anni nei quali l’Italia si è trasformata in una nazione che produce e alleva intelligenze che regala ad altri luoghi è sempre più urgente reinventare le città, indipendentemente dalla loro dimensione, e con loro il nostro futuro. 

È illuminante Vito Teti quando ci esorta a scovare le nostre ombre, a riconoscere i nostri vizi e con essi le distruzioni che abbiamo compiuto. 

Credo fermamente che una spinta a reinventare possa nascere anche dalla acquisizione della consapevolezza delle nostre virtù. È necessario ripartire dalla conoscenza dei nostri punti di forza (i cieli, i paesaggi, il cibo, i corsi d’acqua, i territori coltivati, le pratiche agricole tramandate da generazione in generazione, gli alberi, la fauna, la diversità tipica del territorio, la storia, ma sopratutto la struttura delle relazioni sociali e conseguentemente degli abitati).

Credo fermamente che sia essenziale rendersi conto delle situazioni che causano la perdita totale o parziale delle nostre virtù e che io sinteticamente raggruppo sotto il termine rischi. I rischi sono l’inquinamento visivo ma anche quello del territorio e quello acustico, le pratiche agricole scorrette, lo smottamento del terriorio, l’inquinamento dei suoli e delle acque, l’edilizia selvaggia, l’oblio della nostra storia, lo scempio dei siti archeologici, il degrado del sistema educativo, l’emigrazione di massa delle nuove generazioni, l’abbandono dei modelli sociali che permettono di vivere una situazione di armonia con i propri cari, …. 

Se alla conoscenza delle nostre virtù si abbina la consapevolezza dei nostri vizi, ovverosia delle forze negative che lavorano alla distruzione delle nostre virtù, allora sarà possibile intervenire (ma solo se si vorrà) con correttivi che reiventeranno i nostri luoghi. 

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